Parte 1. Prima assemblea cittadina.
16 aprile 2009.
Dopo nove giorni da quando il terremoto ha distrutto la città a L’Aquila ha preso vita dal nulla la prima assemblea cittadina. L’idea in realtà è partita da due ragazzi Mattia e Sara e si è sparsa con ogni mezzo, passaparola, sms e web.
Hanno partecipato un centinaio di persone di età media tra i 25 e i 45 anni. Sono arrivate da vari accampamenti e anche da fuori città in questo parco chiamato “del sole” situato davanti la Basilica di Collemaggio, anch’essa colpita gravemente dal sisma e non molto lontano dalla Villa, epicentro delle distruzioni più rilevanti e mortali a ridosso del centro storico.
Ci sono associazioni e collettivi che già operavano sul territorio ma soprattutto tante ragazzi e ragazze per prendere parte a questa assemblea che si affianca a una strana sensazione di essere clandestini nella propria città.
Sara, una delle organizzatrici, mi dice che è stato necessario dare spiegazioni e negoziare con Croce Rossa e Protezione Civile per incontrarsi in questo parco dove comunque per ora è stata negata la possibilità di montare un gazebo.
Già perché l’intenzione era proprio questa. Creare un centro di riunione e ri-Creazione, un’ infrastruttura che avesse una funzione sia di grossa bacheca sia di punto di connessione telefonica e web, per e tra tutti i campi.
Per potersi muovere, agire, coordinarsi autonomamente nella propria città di fatto militarizzata dall’emergenza e per partecipare alla ricostruzione, dal basso.
Grazie al lavoro dell’associazione la Ciudad nei campi di Piazza d’armi, Centicolella, Acqua Santa e ora di Collelmaggio, è attiva la connessione a internet le cui attrezzature sono state fornite dalla Zerocould, una ditta aquilana.
Tra gli altri C’è chi come Claudia propone la costituzione di un comitato con nomi importanti anche a livello mediatico, come quello di Saviano.
C’è una certa amarezza in merito alla psicosi dello sciacallaggio. Quel sentimento di solidarietà spontaneamente nato dopo il sisma è stato stroncato dall’allarme lanciato da subito, inverosimilmente già alle 8 di lunedì mattina dal capo di Polizia Manganelli.
“ Va anche sottolineato – dice Luigi da sempre attivo in collettivi di sinistra in città – che molte persone sono state salvate nell’immediato dopo terremoto dai propri vicini, amici, semplici persone che hanno iniziato a scavare a mani nude.
“ Dobbiamo spiegare alla protezione civile carabinieri e quant’altro – dice Stefano -che sono qui per noi, non per braccarci. Devono essere informati che noi siamo qui e ci autorganizziamo” Ma il terremoto ha amplificato situazioni già gravi in precedenza. Bisogna battere sui diritti, dobbiamo chiedere salario sociale per tutti affinché le famiglie più bisognose possano di fatto continuare a vivere fino alla fine dell’emergenza. Affinché L’Aquila non diventi alla fine, una new-town.
continua nella seconda parte.
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