L'associazione persegue finalità di solidarietà sociale, civile e culturale, con l’obiettivo di informare e tutelare i cittadini delle zone incluse nel cratere sismico del 6-4-2009, per ottenere il pieno riconoscimento dei nostri diritti di procedere alla ricostruzione e riqualificazione partecipata delle zone danneggiate, secondo i criteri della massima trasparenza e della maggior efficacia, scongiurando il rischio di smembramento e dissoluzione socio-culturale delle popolazioni colpite.

TESTO INTEGRALE DELLO STATUTO

IL NUOVO SITO INFORMATIVO




ULTIMO AGGIORNAMENTO 10 Gennaio 2011



CASE SENZA CITTA' PERIFERIE SENZA CENTRO

Quella delle C.A.S.E. è stata la più grande operazione di marketing dell'era moderna. Una "grande dimostrazione di solidarietà e di efficienza" che finora, fuori dall'Aquila, è riuscita a mascherare bene la pressoché totale assenza della ricostruzione vera.


Case senza città, periferie senza centro, cittadini senza città - di Sonja Riva

L'Aquila un anno dopo non è una fiaba a colori, con tanto di nuove case superaccessoriate, dove ora vivono gli aquilani, felici nel loro happy end. Gli aquilani felici proprio non sono. Li abbiamo visti negli autobus, confusi nell'informarsi su come fare per raggiungere luoghi che non sanno più nemmeno dove si trovano. Seduti con gli occhi svuotati, pieni solo dell'assenza di quello che non c'è più. Sfiduciati e spenti, soprattutto gli anziani, oppure agitati in un muoversi frenetico e fuori luogo, lungo le poche strade cittadine, ora invase da un traffico che neanche una megalopoli può vantare, dentro ad automobili diventate rifugio, dove sentirsi almeno un minimo a casa, autonomi e sicuri. Ad un anno dal terremoto, l'Aquila sembra un pugile stordito, che barcolla sulle gambe, mentre l'arbitro della politica lo guarda senza sapere bene cosa fare. Un anno dopo la distruzione di interi paese e frazioni, il centro storico aquilano annientato, 70 mila sfollati e 307 morti, molto è cambiato, ma appare ancora poco: non tutti hanno ancora una situazione abitativa stabile, chi vive ancora negli alberghi della costa, chi in situazione di fortuna. Il centro storico è ancora invaso dalle macerie ed è lì come rassegnato in una spettralità congelata nella mancanza di tracce di vita, in una desolazione oggi più perturbante di ieri. Un centro storico che appare come una gigantesca scenografia, una ricostruzione finta, di cartapesta nella sua vita vera ormai inesistente dei suoi colori quotidiani, delle sue voci, del suo rincorrersi di abitudini. Ad oggi manca ancora un progetto urbanistico, un piano di ricostruzione, chiarezza su come si procederà per far ripartire le attività commerciali del centro, e l'economia tutta, ma anche progettualità quotidiane, che nell'immediato possano almeno rinsaldare il tessuto sociale strappato dallo smembramento di collettività ora sparse nelle diverse New Town, i nuovi insediamenti costruiti dalla protezione civile, che sono diventati tanti satelliti periferici sostitutivi di un centro che non c'è più, gradevoli, ma nei quali non ci si può riconoscere, perché nulla parla di loro, delle loro vite e delle loro storie. Fortunatamente, le persone costituite in associazioni, in collettivi, in comitati, unite dal profondo desiderio di riappropriarsi della loro città e del loro centro storico hanno animato le domeniche delle carriole, invadendo in tanti il loro centro, ancora chiuso e inaccessibile, con carriole, secchi e guanti, iniziando simbolicamente a liberarlo dai detriti. Per ritrovarsi, lì sì davvero tutti insieme, nel far sentire il loro sgomento, la loro voglia disperata di esserci e continuare a essere considerati cittadini veri e propri, dei quali tenere conto nei piani di ricostruzione, nelle loro vite future e nella loro città futura.

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