STRANIERI NELLA PROPRIA CITTA’
intervento di M. Angelica Maoddi.
Il vissuto di “doppia assenza” .
Il disagio di una duplice inadeguatezza dei terremotati de L’Aquila: la condizione di estraniamento degli sfollati, crisi di presenza e d’identità.
PENSARE ATTRAVERSO
La riflessione, come taglio teorico significativo, per una lettura transculturale dei tragici avvenimenti del terremoto dell’Aquila scaturisce dalla partecipazione diretta alla mobilitazione di volontari di varie provenienze. Alcuni Psicologi dell’emergenza (EIIEP) hanno promosso interventi di aiuto tra i terremotati aquilani sfollati nel territorio costiero abruzzese suggerendo che l’intervento nelle tendopoli della città militarizzata fosse inopportuno. Si è ritenuto possibile partire per la costa abruzzese come volontari autofinanziati senza alcuna copertura istituzionale.
Nessuno sapeva offrire soluzioni immediate risolvibili in una confusione dettata dagli eventi.
L’approccio di aiuto professionale è stato non specialistico, guidato da atteggiamenti flessibili e prontamente adattabili alle varie situazioni. Si è reso subito necessario costruire una rete sociale tra le persone terremotate anche per reperire risorse umane su cui fondare l’intervento psicologico: stabilire idonei contatti e significative relazioni interpersonali da dove poteva scaturire un rapporto di fiducia, di reciproca costruzione e di vicendevole influsso.
Nell’approccio, il metodo privilegiato è stato infatti la ricerca–azione. Stare in situazione da psicologi dando senso a quello che si poteva fare, con un atteggiamento di continuo riadattamento, un metodo strategico che si strutturava nell’operare.
Di fronte a difficoltà estreme mai vissute prima, bisognava reinventare strategie nuove.
Si è privilegiato di costruire rapporti interpersonali con un approccio del “medium”, la giusta strategia d’aggancio, per trovare il filo di comunicazione tra le persone coinvolte dal terremoto. atto a movimentare il clima psicologico di rassegnazione, di depressione e di disagio che si è ipotizzato (e verificato poi) tra i terremotati.
Nell’approccio della psicologia transculturale si parla di dottrina della contaminazione dell’incontro, della lettura del trauma come sindrome dell’esperienza e della costruzione di quell’area intermedia per far scaturire consapevolezza della condizione individuale e collettiva di difficoltà utile per gestire ed organizzare i cambiamenti per la ricostruzione.
PLURALITA’ DI INCONTRI: nomadismo di pensiero / azione.
I primi interventi hanno avuto 3 fasi: esplorativa, conoscitiva-informativa ed elaborativa
Come primo lavoro bisognava mappare il territorio dove risiedevano gli sfollati, informarsi sul numero delle persone e contattare alcune cariche istituzionali che avrebbero potuto rappresentare una risorsa locale di intermediazione.
Inizialmente abbiamo osservato che gli sfollati terremotati delle zone costiere di Alba Adriatica, Tortoreto e Martin Sicuro, si sono sentiti decentrati, abbandonati rispetto ai terremotati delle tendopoli aquilane. Alcuni manifestavano di avere dei sensi di colpa in quanto si sentivano dei fuggitivi e sradicati. . Le condizioni di disagio sociale ed esistenziale infatti s’intrecciavano con altre richieste varie.
Complessivamente tra gli aquilani sono emerse difficoltà relazionali ed instabilità emotive. Le esigenze eterogenee dovevano essere articolate per segmenti. Nasce la richiesta ad esempio d’intervenire in aiuto ai soccorritori della C.R.I. con un intervento di prevenzione per il rischio di Burn-out. Altre richieste sono: di organizzare interventi di sostegno mirato per le insegnanti e per gli alunni aquilani ospiti nei paesi costieri.
Si è dovuto continuare ad intervenire sui singoli casi, privilegiando incontri da persona e persona e tra persone dando una continuità nella presenza, rispettando le identità diverse nell’ottica che non bisognava indurre i bisogni.
Abbiamo scoperto di essere divenuti un collettore di bisogni sociali diversi.
Siamo stati sommersi dalle richieste di aiuto anche materiale alle quali abbiamo risposto di non poter risolvere con una soluzione magica e di non poterci assumere deleghe. Le soluzioni immediate a tutti i problemi non erano realisticamente possibili, le richieste sono state orientate nella direzione di voler aiutare ad aiutarsi. Si è inoltre osservato un contagio psichico ansiogeno evidenziato in un generale sconforto esistenziale tra i giovani e le persone di media età e si è quindi sottolineato dialogicamente come le crisi rappresentano pericolo ma anche cambiamento e nuove opportunità da valorizzare
LA LUNGIMIRANZA DEL POSSIBILE
Il disorientamento e le fragilità osservate fra gli sfollati facevano ipotizzare all’esame clinico una conclamata sindrome Post-Traumatica da Stress ( DSM IV) che necessitava di una presa in carico di natura emergenziale. Decidiamo di collaborare con gli Psicologi della Croce Rossa Italiana di Alba disponendo colloqui clinici individuali e familiari.
Il nostro atteggiamento è stato quello di avere una “lungimiranza del possibile” di operare in modo prammatico nel senso che “si fa quel che si può” senza avere fretta: il percorso sarebbe stato lento ed ampio
Tutti nelle varie riunioni organizzate esprimevano un generale stato di estrema precarietà, riferivano di vivere in una situazione stuporosa data dal trauma vissuto, alcuni di loro, avevano avuto lutti di parenti e amici e poi la perdita di tutti i beni. La condizione dei residenti negli alberghi era di passività estrema che si accentuava dando la percezione di vivere con un senso di precarietà e di dipendenza. L’assistenza agli sfollati, per le rigide regole dell’alloggio alberghiero, induceva in alcuni all’inibizione, in altri al riserbo o alla vergogna. Notiamo allora anche nei racconti delle persone interpellate, che esisteva disparità nel trattamento tra alberghi di serie A e B. Insieme si è concordato che alcuni fra noi psicologi avrebbero dovuto non solo perlustrare ma anche stabilizzare le relazioni avute in precedenza per far superare l’isolamento a cui si sentivano sottoposti i residenti. Si è cercato di coinvolgere gli sfollati stabilendo i contatti con i loro portavoce o con quelle persone che risultavano più attive in alcuni alberghi e i camping.
Sono presenti tra gli aquilani interpellati nelle riunioni anche professionisti quali medici, insegnanti, infermieri che si sono resi disponibili a collaborare. Ogni spazio comune favoriva la comunicazione ed confronto di gruppo.
Tutta la sequenza dell’intervento postumo da maggio a settembre ha riconfermato e rinforzato la necessità di allargare e curare le situazioni di disagio psicologico dei residenti degli alberghi.
LE MACERIE INTERNE E LA RIPARAZIONE CORALE
I gruppi di maggio sono stati all’insegna di Interventi di aiuto psicoterapici mirati alle comunicazioni profonde ed alla continuità. Riflettiamo come le persone negli alberghi siano state inoperose per la maggior parte del tempo della vita quotidiana: non lavoravano, non cucinavano. Bisognava trovare un modo per raccogliere le persone in uno spazio comune per interagire e provocare un confronto. Perlopiù la maggioranza dei residenti all’inizio erano riservate e diffidenti, rintanate nelle stanze, oppure alcuni passavano il tempo a camminare senza sosta e senza meta, Come primo approccio ci soffermavamo a parlare durante la distribuzione dei pasti invitandoli alla partecipazione del gruppo programmato dopocena. Hanno subito risposto all’appello alcuni anziani. Fortunatamente la stagione calda aveva poi inciso favorevolmente sull’umore delle persone. Spontaneamente era cambiata la concezione dello spazio: non più uno spazio ristretto, dall’abitacolo della macchina, alla stanza d’albergo, si aveva lla possibilità di vivere lo spazio esterno e di ricaricarsi.
In particolare da maggio e per 3 mesi Angelica, Sara ed Elisabetta ci siamo dedicate alla sperimentazione di 2 interventi integrati nel residence Tortorella in Tortoreto alto della provincia di Teramo:
Il laboratorio di teatro creativo che ha coinvolto soprattutto bambini e ragazzi curato da Elisabetta : La rappresentazione“Le Cronache di Tortorella” è stata una drammatizzazione narrativa del gioco con uso di disegni, favole e racconti che come esperienza è stata ripetuta anche in altre strutture
La presenza al resort Tortorella a Tortoreto Alto ci è stata richiesta dai gestori responsabili per un supporto psicologico per le 250 persone residenti che potevano aver subito traumi, inoltre la posizione isolata non permetteva il confronto con altre realtà territoriali. Psicologi e medici che visitavano la struttura lasciavano recapiti ed inviti a recarsi negli ambulatori di zona. Un grande problema erano i circa 40 bambini molti dei quali tra i 7 e i 12 anni, poco socializzati e difficili da contenere;
Il gruppo d’incontro: “Raccontiamoci”
(conduttori del setting gruppale: Angelica e Sara);
l’obiettivo era di poter elaborare i propri vissuti con gli altri e di poter costituire delle interazioni che avrebbero permesso il dialogo. La comunicazione delle angoscie erano sostenute dal gruppo con l’intento di trovare la stimoli ad provocare delle strategie di fronteggiamento oltre che favorire un migliore scambio di informazioni tra i partecipanti;
La prima volta che siamo andati eravamo in 6 e per l'aggancio abbiamo approfittato del momento della fila per la consegna della cena. Le interazioni tra di loro erano poche, le loro facce sembravano congelate, nessuno spazio per lo scambio di idee che non andasse al di là dell'argomento terremoto. Il gruppo Raccontiamoci è stato accolto e fondato sulle risorse personali di fronteggiamento delle perdite ed ha avuto valore catartico; nel secondo incontro (3 a settimana) ci son stati 15 presenti, sono state trattate varie tematiche come la morte, il senso di precarietà, il tempo, i traumi preesistenti al terremoto.
IL TEMPO VERSO LA RIELABORAZIONE DEL TRAUMA
Le situazioni eterogenee presentate dalle persone provenienti da vari residence ed alberghi della zona esprimevano un vissuto esistenziale del tempo sentito in modo alterato: troppo veloce o troppo dilatato, che opprimeva creando ansia ed impotenza . Si è sentito attraverso l’espressione dei vissuti che la destrutturazione del tempo aveva creato molti problemi ai terremotati che li portava a sentirsi dei sopravvissuti. Reazioni che avrebbero potuto stabilizzarsi e perdurare per molto tempo, oltretutto aggravate dalla permanente condizione di incertezza verso l'immediato futuro e della condizione di deportati. Inoltre in quanto sfollati sulla costa, verbalizzavano di non avere più contatto con la realtà della propria terra, di sentirsi dei dispersi: non c’era spazio per la progettualità in un luogo in prestito e in un tempo in sospensione.
Anche a distanza di 2 mesi era per loro difficile programmare un futuro, tutti vivevanono la precarietà del tempo dell’attesa, visto che la terra tremava ancora e non si aveva una visione chiara di dove si sarebbero trovati anche dopo 1 settimana.
Le comunicazioni sono state profonde e stimolanti, il gruppo fungeva da contenitore di emozioni anche per la partecipazione intergenerazionale. Durante il terzo incontro un signore di 40 anni, molto dinamico titolare di un supermercato, padre di 4 figli con una nipotina nata durante il terremoto, con al seguito tutta la famiglia allargata di zii, nipoti e nonni, ha informato i partecipanti sulle modalità e i finanziamenti per la ricostruzione delle abitazioni,” la valutazione del danno dev'essere fatta dal perito di fiducia che si assume la responsabilità e firma la perizia”.
In seguito ha parlato di come ha vissuto lui i momenti del terremoto ma ha posto anche l'accento sulla grande fiducia che riponeva nella ricostruzione. Un bello stimolo a non arrendersi. Restituiamo le considerazioni sull’ identità aquilana orgogliosa, fiera e tenace.
Il gruppo si aggiorna e i racconti si orientano su come trovare la forza della ricostruzione nell’affrontare le paure che si rinnovano e sulla costruzione di oggetti interni che facilitano il passaggio verso il superamento delle perdite e dei lutti. Qualcuno ha inoltre ha proposto di visitare L’Aquila di avvicinarsi gradualmente, magari pensando di coltivare l’orto nel giardino o di ripulire la casa per valutare i danni “perchè la terra distrugge ma dà e si rinnova” ha affermato la sig.ra Concetta.
La settimana seguente si ritrovavano persone soprattutto anziani che poi continuavano il confronto, sistemavano le sedie anche da sole la nostra direzione come gruppo di auto- aiuto. Gli anziani( in particolare la sig.ra Lina di 65 anni) hanno recepito l’importanza del gruppo e si sono attivati dando forza ai più giovani. La modalità dell’incontro seduti a circolo favoriva infatti un sereno confronto che ricordava le relazioni del buon vicinato dei paesi rurali abruzzesi, quando non esisteva la TV, quando gli incontri stimolavano il confronto promuovendo la collaborazione e la coesione sociale.
I racconti scaturiti dalle discussioni guidate nel gruppo hanno permesso di creare legami e di vivere un momento di passaggio verso l’elaborazione corale del dolore e la riparazione dal trauma.
Essere in grado di comunicare attraverso un racconto aumenta infatti la consapevolezza di una libertà interiore. L’intento è stato quello di imparare a riconoscere le proprie condizioni e le difficoltà. Nel cambiamento si è scoperto un rito di passaggio che ha permesso di ricostruire la propria realtà, i propri oggetti interni, di intravedere quelle dighe interne e quelle difese che con il trauma si sono rotte riformulando i nuovi modi di vivere.
Nell’interpretazione della psicologia oggettuale di D. Winnicott si tratta di una costruzione di area intermedia. Si è dato spazio soprattutto alla valorizzazione dei rapporti umani nella forma partecipativa, riprendendosi la propria dignità e la possibilità di scelta. L’elaborazione attraverso lo scambio alla pari ha fatto emergere gli affetti e le emozioni-Tutti hanno bisogno di un codice affettivo tanto più chi lo ha perso-
Si è trattato di un’occasione privilegiata di condivisione in un contenitore di gruppo in cui ricomporre la propria progettualità, obbligando ciascuno ad integrare i vari aspetti frantumati della realtà interiore, alla luce della realtà sociale.
Si è inoltre replicato un gruppo anche al resort Bafforosso ed al camping Eucaliptus.
Alcuni residenti del camping hanno deciso il trasferimento alla tendopoli di Collemaggio.Insieme ad
Annamaria e a Rosanna che avevano al loro attivo esperienze di teatro programmiamo di allestire un cantiere teatrale. Per esigenze di lavoro Annamaria (roulotte) si è poi trasferita alla tendopoli di Collemaggio, di fronte alla basilica e sarebbe stata ben disposta ad incontrarci periodicamente e collaborare per la realizzazione di un progetto di teatro creativo ed itinerante con un tendone che potrebbe essere spostato di volta in volta.
Il Progetto di Laboratorio teatrale è stata un’esperienza di Psicoteatro e si è concretizzata con la creazione del laboratorio basato su un testo scritto Anna Maria ed Enza, per i residenti nel campo di Collemaggio. Il progetto ha svolto compiti di supporto psicologico nel seguire le persone sfollate dapprima presso il Camping Eucaliptus di Alba Adriatica e si è poi trasferita alla tendopoli di Collemaggio. I contenuti narrativi del testo teatrale sono costituiti dalle esperienze di vita di ciascuno in dialetto aquilano condotti prevalentemente in forma autogestita dai residenti sotto la direzione di Annamaria ed Enza con la mia supervisione periodica settimanale.
E’ da sottolineare la presenza di famiglie straniere e di migranti che risiedevano nella città duarante il terremoto, ora nel camping di Collemaggio sono state coinvolte nelle iniziative di allestimento e delle prove teatrali del gruppo, condividevano la stessa condizione e ben integrati si sentivano solidali agli altri sfollati. L’esperienza è andata avanti dalla fine di Maggio a Ottobre.
Oggi a distanza posso verificare con la nuova situazione che leggiamo anche sui giornali e sui network che la popolazione aquilana è stata soccorsa ed assistita con grande generosità ma che in seguito questa forma di assistenzialismo ha frenato la ricostruzione contribuendo ad espropriare le persone degli strumenti che potevano aiutare ad autodeterminarsi nella gestione. 5.000 aquilani hanno chiesto il cambio di residenza altrove ed il dato comune è la dispersione della popolazione
Abbiamo conosciuto tante persone fragili che sono morte dopo il terremoto avendo il trauma rinforzato situazioni patologiche preesistenti soprattutto fra gli anziani in un numero quasi superiore alle vittime perite sotto le macerie del 6 aprile del 2009, in seguito alcuni giovani nello sconforto del futuro sono morti con atti suicidari. Altri più numerosi,sentendosi dispersi hanno preferito lottare con forza non solo per sopravvivere ma partecipare alle iniziative civiche di richiamo all’unità perchè L’Aquila possa risorgere in condizioni migliori. Sono felice che tra le persone più attive, con le quali sono in perenne contatto, nei Comitati Cittadini nel cosidetto “ Popolo delle carriole” e nelle organizzazioni “Riprendiamoci la città” ci siano molte fra quelle stesse con cui noi collaboravamo nel difficile cammino della ricostruzione.
Certo, l'esperienza non deve essere conclusa. Si sono gettate le basi per ricominciare a porsi veramente come parte attiva nell'attività di ricostruzione e recuperare la propria dignità di uomini. Bisogna stare attenti a non fermarsi però al solo fenomeno mediatico. Quello può servire come spinta iniziale, ma se non correttamente gestito, può servire solo come abbaglio, per avere l'illusione di sentirsi protagonisti. Serve una mobilitazione concreta, reale, determinata,che trovi le strade giuste, anche se non sono in piena luce, anche se sono diverse dai percorsi che ci si aspetterebbe di seguire o che è consuetudine seguire. Dal proprio sconforto interiore è possibile risalire trovando strade veramente creative? Credo di sì purchè si operi consapevolmente, si capisca come stanno effettivamente le cose. Prima dentro se stessi, e poi fuori. Non ci si illuda di uscirne fuori solo con l'aiuto esterno. Adesso bisogna proseguire con costanza, per far germogliare i semi che abbiamo gettato, anche in termini di studio e osservazione scientifica..
M.Angelica Maoddi
L’esperienza di Psicoteatro ( ispirata dalla mia partecipazione ai gruppi di Teapsy del prof. L.De Marchi) è qui riproposta in collaborazione con le aquilane: Enza Blundo con testo “Ju terremotu nostru” scritto da Annamaria Di Gregorio.Ha inoltre partecipato lo psicologo Massimiliano Di Carlo di Roma Alcune scene sono state documentate dal film Il Terremoto nostro di Federica Iannacci.
Il gruppo Raccontiamoci è stato guidato in collaborazione con la psicoterapeuta Franca Attimonelli di Chieti;
Il teatro per i bambini Le cronache di Tortorella è stato condotto dalla psicologa Elisabetta Vespasiani di Pescara.
Il gruppo EIIEP di Roma diretto dal Prof. A.Loiacono ha operato nella zona costiera nelle fasi iniziali dell’emergenza.
La doppia assenza è il titolo del saggio che ha il sottotitolo che ne spiega il contesto: "dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato" di Abdelmalek Sayad, ed.R.Cortina, scrittore di origini algerine. La descrizione della sofferta condizione di inadeguatezza incolmabile segue le suggestioni offerte dal filosofo francese Jacques Derrida che rappresentava la condizione di estraniamento del migrante con la metafora della chiave: elemento esterno al dentro, può al massimo guardare dalla toppa la società in cui vorrebbe introdursi ed essere incluso mentre ha ormai abbandonato lla società di provenienza che lo ha cresciuto. Nella metafora la chiave è anche un ponte, elemento simbolo di raccordo capace di mettere in comunicazione due spazi altrimenti chiusi e non comunicanti.
I concetti transcultura come pensare attraverso, nomadismo di pensiero/azione, contaminazione dell’incontro, sono riflessioni suggerite dal libro : La consulenza tranculturale della famiglia, I confini della cura di Alfredo Ancora ed. F.Angeli.
Il vissuto di “doppia assenza” .
Il disagio di una duplice inadeguatezza dei terremotati de L’Aquila: la condizione di estraniamento degli sfollati, crisi di presenza e d’identità.
PENSARE ATTRAVERSO
La riflessione, come taglio teorico significativo, per una lettura transculturale dei tragici avvenimenti del terremoto dell’Aquila scaturisce dalla partecipazione diretta alla mobilitazione di volontari di varie provenienze. Alcuni Psicologi dell’emergenza (EIIEP) hanno promosso interventi di aiuto tra i terremotati aquilani sfollati nel territorio costiero abruzzese suggerendo che l’intervento nelle tendopoli della città militarizzata fosse inopportuno. Si è ritenuto possibile partire per la costa abruzzese come volontari autofinanziati senza alcuna copertura istituzionale.
Nessuno sapeva offrire soluzioni immediate risolvibili in una confusione dettata dagli eventi.
L’approccio di aiuto professionale è stato non specialistico, guidato da atteggiamenti flessibili e prontamente adattabili alle varie situazioni. Si è reso subito necessario costruire una rete sociale tra le persone terremotate anche per reperire risorse umane su cui fondare l’intervento psicologico: stabilire idonei contatti e significative relazioni interpersonali da dove poteva scaturire un rapporto di fiducia, di reciproca costruzione e di vicendevole influsso.
Nell’approccio, il metodo privilegiato è stato infatti la ricerca–azione. Stare in situazione da psicologi dando senso a quello che si poteva fare, con un atteggiamento di continuo riadattamento, un metodo strategico che si strutturava nell’operare.
Di fronte a difficoltà estreme mai vissute prima, bisognava reinventare strategie nuove.
Si è privilegiato di costruire rapporti interpersonali con un approccio del “medium”, la giusta strategia d’aggancio, per trovare il filo di comunicazione tra le persone coinvolte dal terremoto. atto a movimentare il clima psicologico di rassegnazione, di depressione e di disagio che si è ipotizzato (e verificato poi) tra i terremotati.
Nell’approccio della psicologia transculturale si parla di dottrina della contaminazione dell’incontro, della lettura del trauma come sindrome dell’esperienza e della costruzione di quell’area intermedia per far scaturire consapevolezza della condizione individuale e collettiva di difficoltà utile per gestire ed organizzare i cambiamenti per la ricostruzione.
PLURALITA’ DI INCONTRI: nomadismo di pensiero / azione.
I primi interventi hanno avuto 3 fasi: esplorativa, conoscitiva-informativa ed elaborativa
Come primo lavoro bisognava mappare il territorio dove risiedevano gli sfollati, informarsi sul numero delle persone e contattare alcune cariche istituzionali che avrebbero potuto rappresentare una risorsa locale di intermediazione.
Inizialmente abbiamo osservato che gli sfollati terremotati delle zone costiere di Alba Adriatica, Tortoreto e Martin Sicuro, si sono sentiti decentrati, abbandonati rispetto ai terremotati delle tendopoli aquilane. Alcuni manifestavano di avere dei sensi di colpa in quanto si sentivano dei fuggitivi e sradicati. . Le condizioni di disagio sociale ed esistenziale infatti s’intrecciavano con altre richieste varie.
Complessivamente tra gli aquilani sono emerse difficoltà relazionali ed instabilità emotive. Le esigenze eterogenee dovevano essere articolate per segmenti. Nasce la richiesta ad esempio d’intervenire in aiuto ai soccorritori della C.R.I. con un intervento di prevenzione per il rischio di Burn-out. Altre richieste sono: di organizzare interventi di sostegno mirato per le insegnanti e per gli alunni aquilani ospiti nei paesi costieri.
Si è dovuto continuare ad intervenire sui singoli casi, privilegiando incontri da persona e persona e tra persone dando una continuità nella presenza, rispettando le identità diverse nell’ottica che non bisognava indurre i bisogni.
Abbiamo scoperto di essere divenuti un collettore di bisogni sociali diversi.
Siamo stati sommersi dalle richieste di aiuto anche materiale alle quali abbiamo risposto di non poter risolvere con una soluzione magica e di non poterci assumere deleghe. Le soluzioni immediate a tutti i problemi non erano realisticamente possibili, le richieste sono state orientate nella direzione di voler aiutare ad aiutarsi. Si è inoltre osservato un contagio psichico ansiogeno evidenziato in un generale sconforto esistenziale tra i giovani e le persone di media età e si è quindi sottolineato dialogicamente come le crisi rappresentano pericolo ma anche cambiamento e nuove opportunità da valorizzare
LA LUNGIMIRANZA DEL POSSIBILE
Il disorientamento e le fragilità osservate fra gli sfollati facevano ipotizzare all’esame clinico una conclamata sindrome Post-Traumatica da Stress ( DSM IV) che necessitava di una presa in carico di natura emergenziale. Decidiamo di collaborare con gli Psicologi della Croce Rossa Italiana di Alba disponendo colloqui clinici individuali e familiari.
Il nostro atteggiamento è stato quello di avere una “lungimiranza del possibile” di operare in modo prammatico nel senso che “si fa quel che si può” senza avere fretta: il percorso sarebbe stato lento ed ampio
Tutti nelle varie riunioni organizzate esprimevano un generale stato di estrema precarietà, riferivano di vivere in una situazione stuporosa data dal trauma vissuto, alcuni di loro, avevano avuto lutti di parenti e amici e poi la perdita di tutti i beni. La condizione dei residenti negli alberghi era di passività estrema che si accentuava dando la percezione di vivere con un senso di precarietà e di dipendenza. L’assistenza agli sfollati, per le rigide regole dell’alloggio alberghiero, induceva in alcuni all’inibizione, in altri al riserbo o alla vergogna. Notiamo allora anche nei racconti delle persone interpellate, che esisteva disparità nel trattamento tra alberghi di serie A e B. Insieme si è concordato che alcuni fra noi psicologi avrebbero dovuto non solo perlustrare ma anche stabilizzare le relazioni avute in precedenza per far superare l’isolamento a cui si sentivano sottoposti i residenti. Si è cercato di coinvolgere gli sfollati stabilendo i contatti con i loro portavoce o con quelle persone che risultavano più attive in alcuni alberghi e i camping.
Sono presenti tra gli aquilani interpellati nelle riunioni anche professionisti quali medici, insegnanti, infermieri che si sono resi disponibili a collaborare. Ogni spazio comune favoriva la comunicazione ed confronto di gruppo.
Tutta la sequenza dell’intervento postumo da maggio a settembre ha riconfermato e rinforzato la necessità di allargare e curare le situazioni di disagio psicologico dei residenti degli alberghi.
LE MACERIE INTERNE E LA RIPARAZIONE CORALE
I gruppi di maggio sono stati all’insegna di Interventi di aiuto psicoterapici mirati alle comunicazioni profonde ed alla continuità. Riflettiamo come le persone negli alberghi siano state inoperose per la maggior parte del tempo della vita quotidiana: non lavoravano, non cucinavano. Bisognava trovare un modo per raccogliere le persone in uno spazio comune per interagire e provocare un confronto. Perlopiù la maggioranza dei residenti all’inizio erano riservate e diffidenti, rintanate nelle stanze, oppure alcuni passavano il tempo a camminare senza sosta e senza meta, Come primo approccio ci soffermavamo a parlare durante la distribuzione dei pasti invitandoli alla partecipazione del gruppo programmato dopocena. Hanno subito risposto all’appello alcuni anziani. Fortunatamente la stagione calda aveva poi inciso favorevolmente sull’umore delle persone. Spontaneamente era cambiata la concezione dello spazio: non più uno spazio ristretto, dall’abitacolo della macchina, alla stanza d’albergo, si aveva lla possibilità di vivere lo spazio esterno e di ricaricarsi.
In particolare da maggio e per 3 mesi Angelica, Sara ed Elisabetta ci siamo dedicate alla sperimentazione di 2 interventi integrati nel residence Tortorella in Tortoreto alto della provincia di Teramo:
Il laboratorio di teatro creativo che ha coinvolto soprattutto bambini e ragazzi curato da Elisabetta : La rappresentazione“Le Cronache di Tortorella” è stata una drammatizzazione narrativa del gioco con uso di disegni, favole e racconti che come esperienza è stata ripetuta anche in altre strutture
La presenza al resort Tortorella a Tortoreto Alto ci è stata richiesta dai gestori responsabili per un supporto psicologico per le 250 persone residenti che potevano aver subito traumi, inoltre la posizione isolata non permetteva il confronto con altre realtà territoriali. Psicologi e medici che visitavano la struttura lasciavano recapiti ed inviti a recarsi negli ambulatori di zona. Un grande problema erano i circa 40 bambini molti dei quali tra i 7 e i 12 anni, poco socializzati e difficili da contenere;
Il gruppo d’incontro: “Raccontiamoci”
(conduttori del setting gruppale: Angelica e Sara);
l’obiettivo era di poter elaborare i propri vissuti con gli altri e di poter costituire delle interazioni che avrebbero permesso il dialogo. La comunicazione delle angoscie erano sostenute dal gruppo con l’intento di trovare la stimoli ad provocare delle strategie di fronteggiamento oltre che favorire un migliore scambio di informazioni tra i partecipanti;
La prima volta che siamo andati eravamo in 6 e per l'aggancio abbiamo approfittato del momento della fila per la consegna della cena. Le interazioni tra di loro erano poche, le loro facce sembravano congelate, nessuno spazio per lo scambio di idee che non andasse al di là dell'argomento terremoto. Il gruppo Raccontiamoci è stato accolto e fondato sulle risorse personali di fronteggiamento delle perdite ed ha avuto valore catartico; nel secondo incontro (3 a settimana) ci son stati 15 presenti, sono state trattate varie tematiche come la morte, il senso di precarietà, il tempo, i traumi preesistenti al terremoto.
IL TEMPO VERSO LA RIELABORAZIONE DEL TRAUMA
Le situazioni eterogenee presentate dalle persone provenienti da vari residence ed alberghi della zona esprimevano un vissuto esistenziale del tempo sentito in modo alterato: troppo veloce o troppo dilatato, che opprimeva creando ansia ed impotenza . Si è sentito attraverso l’espressione dei vissuti che la destrutturazione del tempo aveva creato molti problemi ai terremotati che li portava a sentirsi dei sopravvissuti. Reazioni che avrebbero potuto stabilizzarsi e perdurare per molto tempo, oltretutto aggravate dalla permanente condizione di incertezza verso l'immediato futuro e della condizione di deportati. Inoltre in quanto sfollati sulla costa, verbalizzavano di non avere più contatto con la realtà della propria terra, di sentirsi dei dispersi: non c’era spazio per la progettualità in un luogo in prestito e in un tempo in sospensione.
Anche a distanza di 2 mesi era per loro difficile programmare un futuro, tutti vivevanono la precarietà del tempo dell’attesa, visto che la terra tremava ancora e non si aveva una visione chiara di dove si sarebbero trovati anche dopo 1 settimana.
Le comunicazioni sono state profonde e stimolanti, il gruppo fungeva da contenitore di emozioni anche per la partecipazione intergenerazionale. Durante il terzo incontro un signore di 40 anni, molto dinamico titolare di un supermercato, padre di 4 figli con una nipotina nata durante il terremoto, con al seguito tutta la famiglia allargata di zii, nipoti e nonni, ha informato i partecipanti sulle modalità e i finanziamenti per la ricostruzione delle abitazioni,” la valutazione del danno dev'essere fatta dal perito di fiducia che si assume la responsabilità e firma la perizia”.
In seguito ha parlato di come ha vissuto lui i momenti del terremoto ma ha posto anche l'accento sulla grande fiducia che riponeva nella ricostruzione. Un bello stimolo a non arrendersi. Restituiamo le considerazioni sull’ identità aquilana orgogliosa, fiera e tenace.
Il gruppo si aggiorna e i racconti si orientano su come trovare la forza della ricostruzione nell’affrontare le paure che si rinnovano e sulla costruzione di oggetti interni che facilitano il passaggio verso il superamento delle perdite e dei lutti. Qualcuno ha inoltre ha proposto di visitare L’Aquila di avvicinarsi gradualmente, magari pensando di coltivare l’orto nel giardino o di ripulire la casa per valutare i danni “perchè la terra distrugge ma dà e si rinnova” ha affermato la sig.ra Concetta.
La settimana seguente si ritrovavano persone soprattutto anziani che poi continuavano il confronto, sistemavano le sedie anche da sole la nostra direzione come gruppo di auto- aiuto. Gli anziani( in particolare la sig.ra Lina di 65 anni) hanno recepito l’importanza del gruppo e si sono attivati dando forza ai più giovani. La modalità dell’incontro seduti a circolo favoriva infatti un sereno confronto che ricordava le relazioni del buon vicinato dei paesi rurali abruzzesi, quando non esisteva la TV, quando gli incontri stimolavano il confronto promuovendo la collaborazione e la coesione sociale.
I racconti scaturiti dalle discussioni guidate nel gruppo hanno permesso di creare legami e di vivere un momento di passaggio verso l’elaborazione corale del dolore e la riparazione dal trauma.
Essere in grado di comunicare attraverso un racconto aumenta infatti la consapevolezza di una libertà interiore. L’intento è stato quello di imparare a riconoscere le proprie condizioni e le difficoltà. Nel cambiamento si è scoperto un rito di passaggio che ha permesso di ricostruire la propria realtà, i propri oggetti interni, di intravedere quelle dighe interne e quelle difese che con il trauma si sono rotte riformulando i nuovi modi di vivere.
Nell’interpretazione della psicologia oggettuale di D. Winnicott si tratta di una costruzione di area intermedia. Si è dato spazio soprattutto alla valorizzazione dei rapporti umani nella forma partecipativa, riprendendosi la propria dignità e la possibilità di scelta. L’elaborazione attraverso lo scambio alla pari ha fatto emergere gli affetti e le emozioni-Tutti hanno bisogno di un codice affettivo tanto più chi lo ha perso-
Si è trattato di un’occasione privilegiata di condivisione in un contenitore di gruppo in cui ricomporre la propria progettualità, obbligando ciascuno ad integrare i vari aspetti frantumati della realtà interiore, alla luce della realtà sociale.
Si è inoltre replicato un gruppo anche al resort Bafforosso ed al camping Eucaliptus.
Alcuni residenti del camping hanno deciso il trasferimento alla tendopoli di Collemaggio.Insieme ad
Annamaria e a Rosanna che avevano al loro attivo esperienze di teatro programmiamo di allestire un cantiere teatrale. Per esigenze di lavoro Annamaria (roulotte) si è poi trasferita alla tendopoli di Collemaggio, di fronte alla basilica e sarebbe stata ben disposta ad incontrarci periodicamente e collaborare per la realizzazione di un progetto di teatro creativo ed itinerante con un tendone che potrebbe essere spostato di volta in volta.
Il Progetto di Laboratorio teatrale è stata un’esperienza di Psicoteatro e si è concretizzata con la creazione del laboratorio basato su un testo scritto Anna Maria ed Enza, per i residenti nel campo di Collemaggio. Il progetto ha svolto compiti di supporto psicologico nel seguire le persone sfollate dapprima presso il Camping Eucaliptus di Alba Adriatica e si è poi trasferita alla tendopoli di Collemaggio. I contenuti narrativi del testo teatrale sono costituiti dalle esperienze di vita di ciascuno in dialetto aquilano condotti prevalentemente in forma autogestita dai residenti sotto la direzione di Annamaria ed Enza con la mia supervisione periodica settimanale.
E’ da sottolineare la presenza di famiglie straniere e di migranti che risiedevano nella città duarante il terremoto, ora nel camping di Collemaggio sono state coinvolte nelle iniziative di allestimento e delle prove teatrali del gruppo, condividevano la stessa condizione e ben integrati si sentivano solidali agli altri sfollati. L’esperienza è andata avanti dalla fine di Maggio a Ottobre.
Oggi a distanza posso verificare con la nuova situazione che leggiamo anche sui giornali e sui network che la popolazione aquilana è stata soccorsa ed assistita con grande generosità ma che in seguito questa forma di assistenzialismo ha frenato la ricostruzione contribuendo ad espropriare le persone degli strumenti che potevano aiutare ad autodeterminarsi nella gestione. 5.000 aquilani hanno chiesto il cambio di residenza altrove ed il dato comune è la dispersione della popolazione
Abbiamo conosciuto tante persone fragili che sono morte dopo il terremoto avendo il trauma rinforzato situazioni patologiche preesistenti soprattutto fra gli anziani in un numero quasi superiore alle vittime perite sotto le macerie del 6 aprile del 2009, in seguito alcuni giovani nello sconforto del futuro sono morti con atti suicidari. Altri più numerosi,sentendosi dispersi hanno preferito lottare con forza non solo per sopravvivere ma partecipare alle iniziative civiche di richiamo all’unità perchè L’Aquila possa risorgere in condizioni migliori. Sono felice che tra le persone più attive, con le quali sono in perenne contatto, nei Comitati Cittadini nel cosidetto “ Popolo delle carriole” e nelle organizzazioni “Riprendiamoci la città” ci siano molte fra quelle stesse con cui noi collaboravamo nel difficile cammino della ricostruzione.
Certo, l'esperienza non deve essere conclusa. Si sono gettate le basi per ricominciare a porsi veramente come parte attiva nell'attività di ricostruzione e recuperare la propria dignità di uomini. Bisogna stare attenti a non fermarsi però al solo fenomeno mediatico. Quello può servire come spinta iniziale, ma se non correttamente gestito, può servire solo come abbaglio, per avere l'illusione di sentirsi protagonisti. Serve una mobilitazione concreta, reale, determinata,che trovi le strade giuste, anche se non sono in piena luce, anche se sono diverse dai percorsi che ci si aspetterebbe di seguire o che è consuetudine seguire. Dal proprio sconforto interiore è possibile risalire trovando strade veramente creative? Credo di sì purchè si operi consapevolmente, si capisca come stanno effettivamente le cose. Prima dentro se stessi, e poi fuori. Non ci si illuda di uscirne fuori solo con l'aiuto esterno. Adesso bisogna proseguire con costanza, per far germogliare i semi che abbiamo gettato, anche in termini di studio e osservazione scientifica..
M.Angelica Maoddi
L’esperienza di Psicoteatro ( ispirata dalla mia partecipazione ai gruppi di Teapsy del prof. L.De Marchi) è qui riproposta in collaborazione con le aquilane: Enza Blundo con testo “Ju terremotu nostru” scritto da Annamaria Di Gregorio.Ha inoltre partecipato lo psicologo Massimiliano Di Carlo di Roma Alcune scene sono state documentate dal film Il Terremoto nostro di Federica Iannacci.
Il gruppo Raccontiamoci è stato guidato in collaborazione con la psicoterapeuta Franca Attimonelli di Chieti;
Il teatro per i bambini Le cronache di Tortorella è stato condotto dalla psicologa Elisabetta Vespasiani di Pescara.
Il gruppo EIIEP di Roma diretto dal Prof. A.Loiacono ha operato nella zona costiera nelle fasi iniziali dell’emergenza.
La doppia assenza è il titolo del saggio che ha il sottotitolo che ne spiega il contesto: "dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato" di Abdelmalek Sayad, ed.R.Cortina, scrittore di origini algerine. La descrizione della sofferta condizione di inadeguatezza incolmabile segue le suggestioni offerte dal filosofo francese Jacques Derrida che rappresentava la condizione di estraniamento del migrante con la metafora della chiave: elemento esterno al dentro, può al massimo guardare dalla toppa la società in cui vorrebbe introdursi ed essere incluso mentre ha ormai abbandonato lla società di provenienza che lo ha cresciuto. Nella metafora la chiave è anche un ponte, elemento simbolo di raccordo capace di mettere in comunicazione due spazi altrimenti chiusi e non comunicanti.
I concetti transcultura come pensare attraverso, nomadismo di pensiero/azione, contaminazione dell’incontro, sono riflessioni suggerite dal libro : La consulenza tranculturale della famiglia, I confini della cura di Alfredo Ancora ed. F.Angeli.
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